sabato 26 febbraio 2011

«Puniremo il Papa»
Presi 6 terroristi islamici

Sgominata nel Bresciano rete fondamentalista



Gli immigrati, tutti nordafricani, sono accusati di aver costituito un gruppo per incitare all’ostilità religiosa e per colpire i cristiani

Fantasticavano di un attentato al papa. Lo facevano durante riunioni segrete nelle quali esaltavano il martirio e processavano mogli e figlie colpevoli di aver ceduto alle seduzioni degli infedeli.
Il terrorismo, al momento, era un esercizio che ai sei marocchini arrestati a Brescia riusciva bene tra le mura di casa.
Ma non è per questo che sono stati arrestati.
Il gruppo appartiene al movimento fondamentalista islamico Adl Wal Ihsane (Giustizia e Carità). Cinque sono stati sottoposti alla misura degli arresti domiciliari, mentre per il sesto è stata applicata la custodia cautelare in carcere. Gli immigrati, tutti residenti nel Bresciano, sono accusati di aver costituito una cellula autonoma che aveva tra i propri obiettivi l’incitamento alla discriminazione e all’odio razziale e religioso, alla violenza e al jihad contro cristiani ed ebrei.
Le indagini, iniziate più di un anno fa, hanno documentato come i marocchini avessero creato, all’interno del movimento islamista, una struttura caratterizzata da estrema segretezza. Quasi una setta che all’occorrenza faceva ricorso violenza psicologica e fisica.

La moglie del 45nne Mohammad Hoummadi è stata più volte sottoposta a «processi privati» perché ritenuta irrispettosa dei dettami religiosi. Colpevole «per aver accettato – spiegano gli inquirenti che la figlia frequentasse i cristiani ». In un taccuino sequestrato al marito, invece, sono stati trovati i riassunti gli esiti di diverse nassihe , le segretissime riunioni degli aspiranti mjaheddin, avvenute tra il marzo 2008 e l’aprile 2009.
In uno di questi incontri i sei parlano di Benedetto XVI.

«Dobbiamo punirlo», dicevano senza spiegare in che modo.
Una ritorsione contro il Papa perché questi ha battezzato nella basilica di San Pietro Magdi Cristiano Allam, giornalista ed eurodeputato che tra i fondamentalisti di casa nostra non gode di buona fama.
«Queste cellule – ha commentato Allam – rappresentano la punta dell’iceberg di una realtà che incita all’odio e a colpire i simboli della civiltà europea e della fede cristiana che ne è il fondamento. Dobbiamo occuparci della realtà sottostante prima che la situazione degeneri di più». Said Maghras, presidente del Forum Marocchino per l’integrazione in Italia, conosce alcuni degli indagati. «Sapevo che nella provincia di Brescia questo gruppo a­veva una piccola moschea – racconta –, ma ho sempre evitato di andarci perchè in Marocco tutti sanno che sono estremisti».
Uno di essi costringeva la figlia minorenne a vedere video in cui si inneggia agli attentati suicidi. Più volte, su incitazioni degli altri adepti del movimento, l’uomo avrebbe commesso violenze fisiche e psicologiche nei confronti della moglie «troppo occidentalizzata».

Il gruppo aveva eretto a quartier generale due centri culturali, la 'Makkia' di Montichiari e l’Associazione musulmana di Calcinato.
Il profilo dei sei arrestati risponde a quello che gli 007 definiscono «self starters». Soggetti la cui «imprevedibile attivazione, al culmine di percorsi solitari e “invisibili” di radicalizzazione, costituisce – si legge nella relazione annuale dei servizi segreti, diffusa proprio ieri – una crescente sfida per l’intelligence». Un fenomeno definito «fluido e trasversale » dal punto di vista «etnico, territoriale, generazionale e socioculturale ». I protagonisti sono generalmente 'stranieri' (anche nati nel nostro Paese o qui stanziatisi da tempo e apparentemente integrati) «che assorbono e rilanciano opinioni estremiste e propaganda jihadista soprattutto – ribadiscono i Servizi di intelligence – attraverso la navigazione internet e talora la usano in funzione di progetti condivisi».
Le indagini hanno permesso dove il gruppo volesse arrivare: «Instaurare lo Stato islamico e applicare la sharia (la 'legge' islamica, ndr), da raggiungere – spiegano gli investigatori – mediante la pedante applicazione della Taqiyya, ovvero la totale segretezza da parte dei proseliti per sviare controlli e non dare nell’occhio». Alla 'setta' jihadista gli agenti sono arrivati in occasione della visita di Benedetto XVI, l’8 novembre 2009, a Brescia. Nel corso di investigazioni preventive sono state scoperte almeno nove cellule camuffate da organizzazioni caritatevoli e culturali che in realtà fungono da piattaforma ideologica e logistica tra le frange estremiste. Perciò dall’operazione di ieri si attendono altri sviluppi.

© Copyright Avvenire, 26 febbraio 2011



IL PRECEDENTE

A Perugia l’arresto di due studenti: Ratzinger nel mirino

Non è la prima volta che vengono arrestati in Italia sospetti terroristi che si dicevano pronti a colpire il pontefice. Un anno fa a Perugia furono fermati ed espulsi due studenti universitari.
Mohammed Hlal, 27 anni, iscritto al corso di comunicazione internazionale presso la facoltà di lingua e cultura italiana dell’Università per stranieri di Perugia venne allontanato alla fine dell’aprile 2010. Secondo gli inquirenti stava per procurarsi l’esplosivo per mettere a segno un attentato contro papa Ratzinger. Il nordafricano fu allontanato insieme al suo connazionale Ahmed Errahmouni, ventiduenne, iscritto alla facoltà di matematica. Dall’indagine condotta dalla Digos del capoluogo umbro emerse che i due giovani erano vicini ad ambienti dell’area jihadista, con cui si tenevano in contatto attraverso internet. Nei locali della 'casa dello studente' dove i due alloggiavano venne trovato materiale informatico, planimetrie e foto di monumenti italiani.

Fu allora che si cominciò a parlare di 'lone terrorist',
combattenti solitari che al di fuori di organizzazioni strutturate
e dunque privi di un organigramma, decidono di entrare in azione colpendo di sorpresa. (N.S.)
© Copyright Avvenire, 26 febbraio 2011

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