mercoledì 9 marzo 2011




La fede nel Cristo crocifisso

Con l’avvicinarsi della Quaresima ognuno di noi ripensa alla Passione di Cristo e al contempo spera che dalla riflessione su di essa possa scaturire una nuova conversione del cuore. La Passione di Cristo ci coinvolge e se diventa oggetto della nostra meditazione è capace di portarci sul Golgota con Maria e Giovanni e quindi a concederci la grazia di assistere a quello “spettacolo” d’Amore supremo che ha sconvolto il mondo ridonando ad esso pace e speranza. Il Cammino quaresimale ci prepara a quest’Incontro, che deve essere necessariamente caratterizzato da un cuore libero, libero di accogliere l’Amore! L’Incontro con il Crocefisso ci cambia interiormente e, anche se decidessimo, in cuor nostro, di rimanere indifferenti alla profondità del suo sguardo, sarebbe Lui a coinvolgerci e ad invitarci a guardarlo! Incontrare lo sguardo di Gesù sulla Croce vuol dire fondamentalmente aprire il cuore al pentimento e la mente ad una profonda analisi su se stessi. È uno sguardo che come dice Isaia “non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi” (Isaia 53,2) eppure riesce a sconvolgere la nostra vita, riesce a commuoverci e ci permette di cambiare rotta, una rotta che percorre la via suprema dell’Amore. Lo sguardo di Cristo, oltre a coinvolgerci, ci offre la possibilità di rivalutare il nostro rapporto con Dio e, al contempo, di sperimentare l’immensità del suo amore nell’offerta sacrificale del Suo Figlio Unigenito. Accanto al Crocifisso e sulla via della croce troviamo diversi personaggi, ognuno dei quali ha da insegnarci qualcosa. San Gregorio Nazianzeno ci invita ad immedesimarci in questi personaggi e a fare anche noi ciò che essi fecero, cominciando a portare ogni giorno la nostra croce come Simone il cireneo, riconoscendo onestamente Dio, come il buon ladrone. Ci invita a richiedere il Corpo di Cristo per far nostra la sua espiazione così come fece Giuseppe d’Arimatea. Accanto a questi personaggi ne abbiamo uno fondamentale, il Vangelo di Giovanni ci dice che “Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala.” (Gv 19,25). Maria, la Madre Addolorata di Gesù è colei che ci insegna tanto. Il suo esempio di obbedienza ci invita alla Fede. Maria è stata colei che non si è allontanata per un solo istante nell’ora dell’agonia del suo Figlio ed ha seguito passo dopo passo la morte di Gesù. Nei suoi occhi è possibile scorgere non una mera rassegnazione umana ma la speranza, nel suo pianto di Madre è contenuta la grandezza della Salvezza. La Madre, che sulle sue ginocchia ha il figlio morto, ci invita ad un’ulteriore riflessione su quanto è accaduto. Abbiamo, infatti, il dolore di una mamma, che conosceva bene le ragioni per le quali il Figlio di Dio si era incarnato nel suo grembo, attraverso la sua obbedienza alla Parola di Dio e la sua Fede, essa ci insegna cosa significa investire la propria vita per Dio e con Dio! Per mezzo del suo “fiat” Dio ha potuto riscattare l’antica colpa di Adamo caduto e il pianto di Eva per il Paradiso perduto. In altre parole potremmo parafrasare il pianto di Eva come pianto di disperazione e il pianto di Maria come un pianto che ci invita a sperare nella Salvezza. Cristo attraverso la sua morte ha sconfitto la morte stessa e ha ridonato la vita a tutto il Creato. Infatti, il mattino di Pasqua leggiamo “Mors et Vita duello conflixere mirando: Dux Vitæ mortuus, regnat vivus.”(Morte e Vita si sono affrontate in un duello straordinario: il Signore della vita era morto, ora, regna vivo.) Questo esempio non può restarci indifferenti, ma anzi ci invita a fare lo stesso, ci invita a sperare, ci offre un’altra possibilità per far posto a Dio nel nostro cuore. Nella Preghiera Eucaristica della Riconciliazione I leggiamo: “Molte volte gli uomini hanno infranto la tua alleanza,e tu invece di abbandonarli hai stretto con loro un vincolo nuovo per mezzo di Gesù, tuo Figlio e nostro redentore:un vincolo così saldo che nulla potrà mai spezzare.”l’uomo tende ad infrangere la sua alleanza con Dio e tende ad allontanarsi. Ma Lui cosa fa?...Consegna a noi il Suo unico Figlio e ci ridona una nuova speranza: “Eravamo morti a causa del peccato e incapaci di accostarci a te, ma tu ci hai dato la prova suprema della tua misericordia, quando il tuo Figlio, il solo giusto, si è consegnato nelle nostre mani e si è lasciato inchiodare sulla croce. Quindi teniamo lo sguardo fisso sulla croce e non lasciamoci impressionare da ciò che essa rappresenta, andiamo oltre! Ed insieme a Sant’Agostino contempliamo le quattro dimensioni della Croce: quella dell’altezza che va verso Dio e simboleggia il Suo profondo amore per noi, quella della larghezza che è l’abbraccio di Dio offerto all’uomo, quella della profondità, che se pur non visibile perché conficcata nel terreno, essa simboleggia l’infinita grandezza della Grazia di Dio che va al di la di ciò che noi possiamo immaginare ed infine quella della lunghezza che ci invita ad alzare la testa e ad incrociare lo sguardo del Crocifisso. Non temiamo di incrociarlo perche esso ci cambierà e riempirà il vuoto del nostro cuore.

don Giuseppe Antonio Lavecchia

Nessun commento:

Posta un commento