martedì 8 marzo 2011


Mercoledì delle Ceneri

Celebrazione eucaristica
presieduta da
SE Rev. ma Mons.. Arturo Aiello
Teano, 17 febbraio 2010
Chiesa Cattedrale 
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SALUTO INIZIALE
Carissimi giovani, fratelli e sorelle, carissimi presbiteri,
è con trepidazione e con gioia che iniziamo questo tempo santo. Questo appuntamento di avvio, di incipit della Quaresima, sta diventando, di anno in anno, un appuntamento importante, una sorta di crocevia della nostra Chiesa Diocesana, da cui partiamo rafforzati nel desiderio di essere santi. Il Tempo di Quaresima ci ricorda questo. Abbiamo cantato, con le parole del profeta, vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo e questo desiderio di novità deve pervaderci.
Avete ricevuto un rametto secco; l’atto penitenziale, in questo momento, è innanzi tutto nel gesto di toccarlo, di palparlo, per dire: io sono così, sono questo, un arbusto che era vivo e che è morto, che non ha più linfa. È il segno dei nostri propositi, della nostra voglia di cambiare dell’anno scorso, iniziata bene e poi finita in un bluff. Ma il Signore non è qui per umiliarci, ma per ridarci speranza. Allora, facciamo un attimo di silenzio e ciascuno di voi dica: Eccomi, Signore, io sono secco, anche se sono giovane, anche se ho 18, 20, 25, 30’anni; sono povero di sogni: il verde non mi appartiene, piuttosto, sono come “un tralcio staccato dalla vite” e, quindi, non ho portato frutto. Cerchiamo, per un attimo, di sentire questa aridità: quella che abbiamo in mano, quella che noi siamo.
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Potremmo piangerci addosso e dire: “Sono un fallito, non sono riuscito”. Invece, il cammino quaresimale comincia con una sorta di affido del proprio fallimento, con il prendere le distanze dal proprio io perverso, dalle proprie colpe. È questo il senso del gettare qui, nella conca, questo ramo secco, per dire: non ho più niente da spartire, non ho più niente in comune con il peccato, con il male. Lo farà, innanzi tutto, il Vescovo, perché comincio con voi questo itinerario penitenziale (non sono migliore di voi), poi i sacerdoti, i seminaristi e gli altri ministranti presenti nel presbiterio, poi voi. Lo faremo ripetendo “Miserere mei” e ascoltando il canto del Salmo 50. Il Signore ha pietà di noi e, da ciò che siamo, cioè nulla, può realizzare un prodigio: la santità.

 

LETTURE
Gl 2, 12-18
2 Cor 5, 20-6, 2
Mt 6, 1-6, 16-18
Omelia

Carissimi fratelli e sorelle,
siamo una società segreta riunita per una rivoluzione. Il buio ci copre, non ci fa riconoscere, ed è il “segreto” su cui ha insistito Gesù nel Vangelo, qualche istante fa (e il Padre tuo che vede nel segreto…). In questo momento, anche se siete al buio, il Padre sa che ci siete e dice il nome di ciascuno di voi, e voi dite: “Sì, voglio partecipare a questa rivoluzione! Voglio far parte di questo drappello che, segretamente, nella Cattedrale di Teano, sta organizzando una rivoluzione!”. Questa rivoluzione si chiama Pasqua: un nome, purtroppo, abusato, che non ci fa più fremere e, invece, deve tornare a farci sentire il fremito dell’amore, dell’innamoramento, perché è la parola rivoluzionaria del mondo, anzi, dirò di più, del cosmo. Pasqua significa “passaggio” e, come tutte le grandi parole, dobbiamo imparare a sillabarla: la sillabiamo adagio adagio, per quaranta giorni, la distilliamo in un itinerario per “iniziati rivoluzionari” che si chiama Quaresima, che iniziamo insieme stasera, con una immensa gioia. Ho voluto che i sacerdoti indossassero la casula bianca, e non quella viola che indossa il Vescovo, perché i giovani, non avessero l’idea che stiamo celebrando delle esequie. C’è tanta gioia in questo inizio, perché ci sarà tanta gioia nel compimento del cammino: è la gioia pasquale, una gioia ancora tutta da scoprire. Chi voglia partecipare ad un’azione rischiosissima, qual è la nostra, in questa Quaresima 2010, dovrà prepararsi, fare palestra, imparare le parole d’ordine, il codice con il quale comunicheremo, con il quale Gesù comunicherà con noi, dandoci gli estremi, giorno per giorno, momento per momento, di questa pervasiva rivoluzione. Gesù, in questo momento, è riconoscente a ciascuno di voi e dice “bravo!” (ve lo dice attraverso la bocca e la povera voce del vostro Vescovo). Perché bravo? Perché non sei rassegnato, perché il contrario della rivoluzione e il contrario della Pasqua, è la rassegnazione: se quel rametto secco, che abbiamo depositato, gettato con violenza (forse anche con rabbia) nel cesto che è qui al centro del presbiterio, fosse rimasto nelle nostre mani, noi saremmo stati dei rassegnati, cioè delle persone che ritengono che il mondo non possa cambiare, che ritengono di non poter più cambiare. Diceva una canzone di Luca Carboni di un po’ di anni fa: “A volte ho paura di non cambiare più”. Questo lo sanno bene gli adulti, che dopo gli “anta”, a partire dai quaranta, dai cinquanta, dai sessant’anni, avvertono la paura che non si possa più cambiare, che ormai la personalità, il carattere, i difetti nel carattere, siano strutturati e diventati strutturali. Invece, stasera, a ciascuno di noi viene detto: Tu puoi cambiare - addirittura, con una parola bellissima che ho già evocato all’inizio di questa celebrazione - tu puoi essere santo, tu puoi essere santa, anche se fino a un istante fa sei stato un depravato, una depravata. La Quaresima ci viene dalla meravigliosa tradizione della Chiesa che ha fatto mettere in moto dinamismi di grazia, che ha fatto mettere in cammino intere generazioni, che ha creato i santi. I santi si sono santificati nelle loro Quaresime e anche noi non possiamo essere da meno: questa dev’essere una Quaresima santa. Ma voi mi starete dicendo con gli occhi - anche se non vi fisso -: Ma come si fa?, quali sono gli estremi di questo codice?, quali sono i riferimenti? Li abbiamo già ascoltati dalla Parola di Dio. Innanzi tutto, fare attenzione alla croce. Sarà valsa la pena di avervi condannati ad una celebrazione al buio, se stasera, oltre a nascondere la nostra vergogna, tutto questo buio ci aiuta ad alzare lo sguardo al nostro meraviglioso crocifisso trecentesco. Il primo riferimento è “attenzione alla croce”. Dobbiamo anche industriarci, sia nelle case che nelle chiese, a fare in modo che, almeno durante il Tempo di Quaresima, al centro, ci sia la croce (che non sia una crocettina che bisogna guardare col cannocchiale!) che ti venga incontro in tutta la sua maestà. Fatelo anche a casa: se avete un crocifisso o un’immagine di Gesù crocifisso, grande, esponetela, perché abbiamo bisogno di guardare questa immagine. È il primo impegno: alzare gli occhi alla croce, dialogare con Gesù crocifisso, sentire che in quel legno c’è la chiave per la mia felicità qui e nell’eternità, avvertire che la croce è il centro della nostra fede. Ma questo, detto così come lo sto dicendo io, non vale nulla; invece, una mega croce, un mega crocifisso (magari a casa non possiamo averne uno mega), una croce nella quale ci imbattiamo, davanti alla quale accendere una candela nel momento della preghiera, sarà di grande aiuto per voi, a casa, e per noi nelle chiese. Quindi, prima cifra di questo cammino segreto: la croce. La Via Crucis che farete nelle parrocchie e ogni altra celebrazione o processione orientata a evidenziare la croce, rientra in questa cifra: croce ritrovata. Se ci fate caso, nella celebrazione del Venerdì Santo (la seconda della trilogia che costituisce il Triduo Pasquale), c’è la croce che viene ritrovata (a volte, viene anche svelata, perché i credenti possano ritrovarla). Allora, non abbiamo difficoltà a tirare fuori anche le nostre croci, e non per metterci in mostra, ma per dire: la croce non è un optional, ma è il centro della fede. Quindi, prepariamo gli ambienti: i parroci si impegneranno - e forse l’hanno già fatto - a preparare gli ambienti parrocchiali e ciascuno di noi anche la sua stanza. Tu, giovane, se hai un angolino tuo, non può essere Quaresima se lasci tutto come prima. C’è bisogno di cambiare qualche immagine: metti un’immagine di Gesù crocifisso da qualche parte, sul tuo tavolo da studio (sperando che voi studiate) o sul display del computer, in modo tale che, continuamente, questa immagine ti ricordi che stiamo vivendo un itinerario di rivoluzione. Una rivoluzione esterna? Nel Vangelo, Gesù ci ha detto di no: una rivoluzione interiore. C’è un’insistenza, nelle indicazioni che abbiamo ascoltato da Gesù, sulla interiorità: non fare chiasso quando fai il digiuno, non ti mettere in mostra quando fai l’elemosina, non pregare sperando di ottenere successo (ma oggi non si ottiene successo quando si prega), ma fallo nel segreto, entra nella tua stanza, fa’ l’elemosina privatamente (non sappia la tua sinistra quello che fa la tua destra), compi questo digiuno sorridendo, profumandoti il capo. Interiorità, perché – è un’altra cifra quaresimale – c’è un’anima che anela a bere, a mangiare, a danzare dentro di te, che è costretta sotto un cumulo di cose negative. La Quaresima è la possibilità di far respirare l’anima. Il respiro dell’anima è la preghiera. L’anima respira quando dice: Grazie, mio Dio, della vita. L’anima respira quando ascolta la Parola, quando vado a celebrare l’Eucarestia; l’anima respira nella carità, quando sottometto qualche voglia del mio corpo (voglie sempre imperanti, sempre aggressive), perché emerga un’altra fame. Lo ascolteremo appena tra qualche giorno, nel Vangelo della prima Domenica di Quaresima: Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Allora, compiamo questo cammino con la croce, compiamo questo cammino nell’interiorità, ascoltando di più - il poeta diceva - il “fanciullino” (ma è lo stesso che dire l’anima), ascoltando di più quell’io che è bello, dentro di te, nonostante tu abbia le rughe, nonostante tu ti ritenga brutta o brutto (anche a 18 anni, a volte, si hanno di questi complessi…). Torno nell’interiorità per riscoprire d’avere un’anima. Quanta attenzione facciamo all’anima? Pensate a quanta attenzione dedichiamo al corpo, a quante professioni sono al servizio del corpo: i medici, gli infermieri, i salumieri, le cuoche, la moda, le palestre… Tutto è a servizio del corpo. Non sono di per sé cose negative, ma non si può far ingrassare il corpo, mentre l’anima è diventata esile, fino a non emettere più alcun suono. Allora, c’è bisogno di medici dell’anima. San Paolo, nella Seconda Lettura, ha detto: Lasciatevi riconciliare con Dio – e indicando un tempo - Ecco ora il momento favorevole, è questo il giorno della salvezza! E io dico a voi: È questo il tempo favorevole! È questo il momento! Utilizza un professionista dell’anima: il tuo parroco. Ogni sacerdote è un professionista dell’anima che, gratuitamente, ti offre la grazia per dare vigore e ridare bellezza ad un’anima oppressa, avvilita, graffiata dalla vita, graffiata dal male. La Riconciliazione, il Sacramento della Penitenza, o Confessione che dir si voglia, è la possibilità che vi viene data, attraverso un professionista dell’anima, di ricominciare, di rimettersi in sesto, in armonia, attraverso un itinerario di purificazione. In fondo, la Quaresima è una palestra spirituale. I giovani amano andare in palestra, ma dovete amare anche la palestra spirituale che si chiama Quaresima e che, ovviamente, come tutte le palestre, ha anche dei percorsi difficili: nessuno di voi va in palestra a godere, ma va a soffrire, perché la guida ti dà un foglietto con delle istruzioni e, dopo le prime volte, comincio a sentire anche un po’ di dolore nelle giunture, nella muscolatura. Andiamo in palestra per soffrire, ma è una sofferenza benedetta se siamo obesi, se non riusciamo più a muovere le articolazioni, com’è benedetta la “palestra della Quaresima”. Ma anche qui, come ogni palestra, devi essere pronto a soffrire. Nessuno te lo impone (puoi anche non partecipare a questa società segreta che stasera stiamo mettendo su), come nessuno ti impone di andare in palestra o d’andare dal medico che ti prescrive una terapia, però sappi che sei responsabile della tua morte, della tua salute in pericolo (gli altri anni mi sono dilungato un po’ di più su questo aspetto). Questo è tutto quel capitolo che riguarda un esercizio fisico in vista di una energia spirituale. Mi riferisco ai fioretti di cui, da anni (questo è il quarto), sto cercando di farvi reinnamorare e che sono degli esercizi. Non puoi fare la Quaresima andando a Messa la Domenica come al solito, non basta! C’è bisogno del crocifisso nella tua stanza, c’è bisogno di altri appuntamenti supplementari con la comunità o di impegno personale di preghiera, ma a questo devi aggiungere anche una sorta di mortificazione: parola difficile per i giovani – non tanto a dirsi - perché mortificazione contiene morte, cioè far morire qualcosa in noi e questo “qualcosa” è un desiderio. Per lo più i fioretti, con la loro pedagogia, sono finalizzati ad alcuni dei bisogni fondamentali - e anche di per sé leciti - della nostra vita. Per esempio, è un bisogno dormire, ma so che ci sono ancora dei giovani che si svegliano alle 11, alle 10, a mezzogiorno, ed è una cosa terribile! Non so come i vostri genitori vi sopportino. Allora, se il sonno è un bisogno, ma è un bisogno che non deve estendersi eccessivamente, comincerò ad alzarmi alle 8. Dico le 8 per quelli che si alzano a mezzogiorno, perché quelli che si alzano alle 8, si alzeranno alle 7 (che cosa difficile ci sta proponendo il Vescovo!). Il sonno diminuito è un esercizio per la palestra quaresimale. Magari, se volete - so che per voi giovani è un sacrificio - andrò a letto non alle due, alle tre, a mezzanotte, ma alle undici, perché è chiaro che abbiamo bisogno di un tot numero di ore di sonno. “Sonno”, per la “s”, mi fa venire subito in mente (questa riflessione la facciamo al buio, perché nessuno di voi possa arrossire): “s”-sesso. Anche qui c’è bisogno di fare qualche sacrificio. Adesso non entro nell’aspetto morale (avremmo bisogno di altro tempo e di altri luoghi), però in questo momento, poiché questa è un’altra fame, se per esempio, Giovanni si masturba a lungo, farà digiuno durante la Quaresima. Tra l’altro, acquisterà anche una volontà più forte, un autodominio. Lo stesso valga per le coppie. Credo che ognuno di noi, qualsiasi sia il suo stato (di consacrato, di single, di sposato, di fidanzato), può dire anche sul “capitolo sesso”: “Devo fare un piccolo sacrificio”. Sta a voi: è chiaro che io non sto a prescrivervi la medicina, ma vi sto dando un criterio per fare la terapia della Quaresima.
Mangiare è un altro bisogno. Già nel Vangelo, Gesù insisteva sul digiuno e, attenti, il digiuno non è un valore in se stesso. Ormai lo sapete tutti, il vostro Vescovo è goloso, ma durante la Quaresima non tocca un dolce. Ecco, questo è un modo, un sacrificio che faccio da tanti anni (tra l’altro, non mi costa più neanche tanto e dovrò cercare qualche altra cosa supplementare) per dire: mangiare un dolce è un male? No. Anzi, rende contenti, dà il senso della festa. Bene, allora durante la Quaresima, chi ama la nutella fra voi (so che ci sono molti giovani fra voi che fanno addirittura i nutella-party) non la mangerà per tutta la Quaresima. Adesso vi sembrano cose impossibili, ma comincia domani!, comincia da stasera!, comincia per un po’ di giorni!, però – e questo è importante - fa’ in modo che qualcuno ti sia testimone, perché è chiaro che se uscite di qui, dal buio, ognuno con la sua ricetta, ma nessuno sa del vostro impegno, non durerete più di ventiquattr’ore. Allora, lo sappia la tua ragazza, lo sappia il tuo educatore, lo sappia il tuo parroco, se hai fatto questo piano per la Quaresima. Io ricordo che, quando ero parroco, gli educatori, gli animatori, i ministranti mi portavano la “pagella”, cioè il loro piano: “Sei d’accordo? Questa è la mia dieta per la Quaresima”. Ci sarebbe d’aggiungere il fumo, internet e mille altre cose che, tra l’altro, convergono in uno dei capitolati già menzionati. Adesso vi sembra che io vi abbia trasmesso una sorta di tecnicismo, e immagino che qualcuno, al buio, stia arricciando il naso, dicendo: “Queste sono cose medioevali”. Invece, se vogliamo fare questa rivoluzione, c’è bisogno di stare allertati, di stare attenti, di stare in forma, di non essere appesantiti, di essere anche liberi di poter dire di no, in certi momenti, a certe cose - è chiaro che il digiuno è finalizzato a un’altra fame, quella della Parola di Dio - per dire sì a valori positivi: mi dedicherò agli altri, darò una mano in parrocchia, offrirò il tempo che risparmio a computer, navigando su siti strani, per una lettura buona. Va comparato il no col sì: dico no a questa cosa per dire sì a quest’altra buona. Ecco, questo è un po’ - se volete - il prospetto di questa Quaresima. Adesso vi sembra che il discorso sia calato di tono e, allora, vi ricordo: la parola d’ordine, rivoluzionaria, è Pasqua. Volete dirlo con me? Diciamolo sottovoce, perché nessuno lo senta, perché i nemici non devono saperlo: Pasqua. Per arrivare a Pasqua, che avrà, nel suo punto clou, una veglia che comincia al buio come stasera, noi ci mettiamo lo zaino in spalla e diciamo: “Comincio a salire”. Dicono gli scout: “Buona strada!”. Ecco, il Vescovo vi augura, stasera, buona Quaresima, buona strada, buon cammino; non ti fermare, torna, ritorna anche dopo esser caduto, riprendi la terapia, riprendi quello che stasera, nella verità e nella discrezione data dalla penombra, tu hai promesso a Gesù per poter arrivare a Pasqua e partecipare ad un’azione rivoluzionaria. Ci fermiamo un attimo in silenzio perché, adesso, chi vuole partecipare veramente, ha bisogno della cifra che si chiama cenere, tant’è che questo giorno porta il nome di Mercoledì delle Ceneri. La cenere, che sarà posta sul tuo capo con le parole “Convertiti e credi al Vangelo”, è il segno vero per dire: Giovanni, Francesca, Nicola, Bartolomeo dicono sì a questo pellegrinaggio, a questa terapia. Quelli fra voi che non si vogliono arruolare, non vengano, restino a posto (Non ho ricevuto le ceneri, quindi mi tengo ai margini di questo cammino rivoluzionario della Chiesa). Allora, un attimo per fare il punto e dire: voglio partecipare?, voglio riceverla questa cifra? Un attimo di silenzio, perché ciascuno di noi possa rimotivarsi.

Breve pausa di riflessione
Ma come si fanno le ceneri? Da dove vengono le ceneri? La cenere è quello che resta di un fuoco. La cenere è un ramo bruciato. Penso che sappiate che quelle che riceviamo il Mercoledì delle Ceneri sono prodotte con i rami benedetti nella Domenica delle Palme dell’anno precedente. E quello che, normalmente, si fa dietro le quinte, lo facciamo davanti a tutti, per vedere questa fiamma qui, in questo catino, dove c’è anche il tuo ramo secco: vuoi vederlo bruciare?, vogliamo chiedere che scenda un fuoco a rendere cenere, fango, quello che è fallimento, perché l’uomo possa essere riformato dall’Artista che è Dio? Allora, invochiamo il fuoco purificatore.

Vengono bruciati i rami d’ulivo
Come ci siamo detti alla Veglia per la Pace, sabato sera, il fuoco è stato da sempre un segno della presenza di Dio, perché illumina, perché riscalda, perché trasforma. Tra qualche istante, saranno visibili anche le lingue di fuoco, che stanno bruciando quello che in me è fallimento, è fallimentare. Dio fa nuove tutte le cose: dove Tu sei fiorisce il deserto.

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Il testo, Tratto direttamente volo dalla Registrazione, non rivisto dall'autore e Stato.

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