sabato 16 luglio 2011

17 LUGLIO
SANT’ ALESSIO


Martirologio Romano: A Roma nella chiesa sul colle Aventino, sotto il nome Alessio si venera un uomo di Dio, che, come dice la tradizione, lasciò una casa ricca per diventare povero e mendicare in incognito l’elemosina.

Fattosi povero, da patrizio qual era, Alessio trascorreva le notti sotto una scala sul colle romano dell’Aventino. In quel luogo Papa Onorio III gli dedicò nel 1217 una chiesa. Ma quella della scala è soltanto una delle due tradizioni esistenti sul santo. Secondo quella siriaca, infatti, il giovane fuggì la sera delle nozze per recarsi a Edessa, dove visse da mendicante e morì. La variante greco-romana introduce il ritorno a Roma (raffigurato nelle pitture della chiesa inferiore della basilica San Clemente). Qui Alessio visse sempre da mendico e non venne riconosciu-to dal padre. Fu Papa Innocenzo a scoprirne l’identità e a comunicarla ai genitori, che, straziati, si recarono al capezzale del figlio ormai morente. Una scena spesso raffigurata nell’arte. Della figura di Alessio si è impadronita anche la letteratura. (Avvenire)

Tutto sommato la vita di s. Alessio si può descrivere con poche frasi, ma sono le varie narrazioni del tempo antico, che ne arricchiscono lo svolgimento in buona parte leggendario. Vi sono tre versioni della ‘Vita’: la leggenda siriaca, la leggenda greca, la leggenda latina, che hanno trasformato la semplice e umile vita di un uomo di Dio, mendicante e asceta del V secolo, in un fiorito racconto che è stato oggetto di opere teatrali e di poesia, sia in Oriente che in Occidente. La leggenda siriaca, la prima composta fra il 450 e il 475, il cui manoscritto più antico risale alla fine del V secolo, narra di un giovane e ricco abitante della nuova Roma cioè Costantinopoli, il quale la sera delle nozze si era allontanato di nascosto imbarcandosi per l’Oriente. Giunto ad Edessa, città dell’odierna Siria, che nel IV-V secolo era un centro di cultura cristiana (Scuola di Edessa), finché nel VII secolo passò ai musulmani, qui si mise a chiedere l’elemosina con altri mendicanti sull’uscio della chiesa. Quello che raccoglieva di giorno, lo distribuiva di sera ai poveri della città, per il suo ascetismo venne chiamato Mar-Riscia (uomo di Dio); persone incaricate dal padre di ritrovarlo, giunti anche ad Edessa, non riuscirono ad identificarlo in quel mendicante lacero ed emaciato. Dopo 17 anni, quando si sentì morire, il giovane mendicante rivelò al sacrestano della chiesa la sua vera identità ed origine, il quale una mattina lo trovò morto sul sagrato. Il sacrestano si precipitò dal vescovo Rabula (412-435) e lo supplicò di non far confondere nella fossa comune, il corpo di quel santo uomo, il vescovo allora si recò al cimitero per esumarlo, ma trovò solo le misere vesti, il corpo era scomparso. Nel secolo IX comparve documentata la leggenda greca o bizantina, la quale trasformava significativamente quella siriaca. Prima di tutto dava un nome al giovane chiamandolo Aléxios (Alessio) che significa “difensore” o “protettore”, situando la sua nascita a Roma e non più in Oriente e datando la sua morte al 17 luglio, al tempo degli imperatori fratelli Arcadio e Onorio (395-408). La leggenda narra che un’icona della Vergine Maria nella chiesa di Edessa (oggi secondo la tradizione, venerata nella chiesa romana di Sant’Alessio sull’Aventino), ordinò al sacrestano di far entrare in chiesa quel mendicante da considerarsi un santo, la voce si diffuse rapidamente fra il popolo dei fedeli, che presero a venerarlo. Alessio cui non piacevano gli onori, fuggì imbarcandosi per Tarso, ma i venti prodigiosamente lo fecero approdare sulle coste italiane ad Ostia; questo fatto fu preso da Alessio come un’indicazione divina, pertanto decise di farsi ospitare come uno straniero povero nella casa paterna a Roma. Il padre memore del figlio lontano e in difficoltà, senza riconoscerlo lo accolse con benevolenza in casa, dove Alessio rimase per 17 anni, dormendo in un sottoscala fra le umiliazioni e gli scherni dei servi. Quando Alessio sentì che la sua fine era vicina, decise di scrivere le avventure e le origini della sua vita su un rotolo, quando morì le campane di Roma si misero a suonare a festa e fu udita una voce divina che diceva: “Cercate l’uomo di Dio affinché egli preghi per Roma”, così fu scoperto il corpo del santo, ancora con il rotolo in mano, che solo gli imperatori Arcadio ed Onorio riuscirono a sfilarglielo e leggere. Della leggenda latina non si hanno documentazioni prima del secolo X, comparve prima in Spagna e verso l’ultimo quarto del secolo a Roma. Qui il culto fu diffuso dall’arcivescovo metropolita di Damasco Sergio, il quale costretto a fuggire a seguito dell’invasione dei Saraceni, si stabilì presso la chiesa di San Bonifacio sull’Aventino, qui fondò una comunità monastica mista, dove i greci osservavano la Regola di s. Basilio e i latini quella di s. Benedetto. Questa comunità rivestì una grande importanza in quel tempo e fra l’altro rielaborò la leggenda greca di s. Alessio in una versione che diventò la tradizione dominante in Occidente, tale da essere inserita nella “Leggenda Aurea” di Jacopo da Varagine. Le diversità apportate nella leggenda latina sono: la chiesa dove Alessio si sarebbe dovuto sposare divenne la stessa basilica dove il santo sarebbe stato sepolto; la mancata sposa, che la sera precedente le nozze accettò di vivere in castità, si chiamò chi sa perché Adriatica; il rotolo con scritta la sua vita, fu tolto di mano non dagli imperatori, ma dal papa stesso, presenti gli straziati genitori Eufemiano e Aglae, che finalmente seppero che quel mendicante in abiti da pellegrino, vissuto nella loro casa, era l’amato figlio. Questa nuova versione latina ispirò canti popolari e leggende che i contadini si tramandavano da padre in figlio. Nel 1217 papa Onorio III dedicò la chiesa di S. Bonifacio anche al leggendario s. Alessio; dell’antica chiesa, dopo i vari rifacimenti non è rimasto quasi nulla, nell’attuale basilica barocca, c’è la Cappella di S. Alessio e in essa è contenuto un frammento lungo circa un metro della scala sotto la quale il santo dormiva, il frammento sovrasta la statua in marmo, raffigurante s. Alessio sul letto di morte, vestito da pellegrino di Santiago, opera dello scultore Antonio Bergondi, seguace del Bernini. Testimonianza artistica sulla sua vita è il ciclo di affreschi di fine XI secolo, situato nella chiesa inferiore di San Clemente a Roma; in questo ciclo compaiono già gli attributi che lo identificano, come la scala, il bastone da pellegrino, la lettera nella mano serrata dalla morte, che verranno poi ripresi dai tanti artisti che lo hanno raffigurato nei secoli successivi. A conclusione è opportuno notare come il numero 17 compaia più volte nella vita di s. Alessio; 17 sono gli anni passati ad Edessa e 17 quelli trascorsi a Roma in casa de padre; il 17 luglio è la data ritenuta della sua morte, come pure egli viene celebrato in Oriente il 17 marzo e in Occidente il 17 luglio. Autore: Antonio Borrelli

ORÁTIO
Deus, qui nos beáti Aléxii Confessóris tui ánnua sollemnitáte lætíficas: concéde propítius; ut, cujus natalítia cólimus, étiam actiónes imitémur. Per Dóminum.

DALLA LITURGIA BIZANTINA

A VESPRO

Stichirà prosómia.
Ti conosciamo come uomo di Dio * di nome e di fatto: * hai infatti brillato per le virtù, * avendo avuto come possesso in terra * povertà e angustia senza fine * ed avendo confermato i fedeli con prodigi. * Prega dunque perché siano donate alle anime nostre * la pace e la grande misericordia.

Con un amore stillante rugiada, * hai spento ardenti amori carnali, o Alessio, * piamente cambiando un talamo con un altro, * il piacere del corpo * con la divina somiglianza con gli angeli: * insieme a loro supplica * perché siano date alle anime nostre * la pace e la grande misericordia.

Rimani sconosciuto, o sapiente, * maltrattato alle porte dei tuoi nobili genitori, * e per lungo tempo sei schernito dai tuoi propri servi. * Ma, morto, ti manifesti con i miracoli che compi, * sanando le malattie * e cacciando gli spiriti impuri.

Gioisci, strana novella, * o pura; * gioisci santo albero del paradiso * piantato da Dio; * gioisci, distruzione dei malvagi demoni; * gioisci, spada a due tagli * che recidi la testa del nemico, * col tuo parto strano. * O santissima più che immacolata, * facci ritornare, * fa’ ritornare noi divenuti estranei.

Oppure: stavrotheotokion
Vedendo, o Cristo, * la tua ingiusta immolazione, * la Vergine piena di dolore a te gridava: * Figlio dolcissimo, * perché muori ingiustamente, * perché sei appeso al legno, * tu che hai sospeso sulle acque * tutta la terra? * Non lasciarmi sola, ti prego, * misericordiosissimo benefattore, * me, tua madre e serva!

All’ORTHROS
Kondàkion.
Celebrando oggi piamente * la sacratissima festa del felicissimo Alessio, * a lui inneggiamo dicendo: * Gioisci, amabile ornamento dei santi.

Ikos.
Chi potrà degnamente esaltare * e sufficientemente celebrare le tue auguste virtù, * o Alessio di mente divina? * La temperanza, la pazienza, * la mitezza, la continenza, * il tuo incessante inneggiare, * il durissimo genere di vita * e la smisurata umiltà? * Divenuto per esse paragonabile agli angeli, * tu sempre intercedi per il mondo intero; * per questo, o santo, * da tutti i fedeli ti senti ora dire: * Gioisci, amabile ornamento dei santi.

Sinassario.
Il 17 di questo stesso mese, memoria del nostro santo padre Alessio, l’uomo di Dio.
Per la sua santa intercessione, o Dio, abbi pietà di noi e salvaci. Amen.

Exapostilàrion.
Oh prodigio! * Tu a lungo dimori * davanti alle porte dei tuoi genitori, * saldo come acciaio, * senza lasciarti piegare dalla forza della natura, * dagli amari gemiti dei genitori, * o Alessio, * e della consorte.

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