domenica 11 settembre 2011

Soggetti e temi del discemimento definitivo dei candidati all’ Ordine Sacro
Mons. Arturo Aiello - Vescovo di Teano - Calvi


La Ratio al n.250 recita "Il Vescovo, per procedere all'Ordinazione diaconale e presbiterale, deve essere moralmente certo dell'idoneità dei candidati, che deve risultare provata con argomenti positivi". Pur restando il Vescovo ultimo e qualificato soggetto del discernimento definitivo (non ci sono verghe che fioriscono o sorteggi perchè sia lo Spirito a scegliere i candidati!), per evitare ogni arbitrarietà si fa riferimento ad "argomenti positivi" che sono relazioni, pareri, referti psicologici, lettere testimoniali di preti e laici che conoscono il candidato e lo hanno visto all'opera nelle relazioni umane e pastorali. Il Rito stesso delle Ordinazioni che "drammatizza" pubblicamente la chiamata e la risposta del candidato, all’atto in cui si chiede al Vescovo che venga ordinato Diacono o Presbitero, alla domanda di chi presiede "Sei certo che ne sia degno?" fa rispondere "Dalle informazioni raccolte presso il popolo di Dio e tra coloro che ne hanno curato la formazione attesto che ne è degno". La lex orandi distingue due ambiti di ricerca, due luoghi teologici in cui individuare gli "argomenti positivi" per suffragare la decisione del Vescovo: Il "popolo di Dio" portatore del sensuns fidei, e "coloro che ne hanno curato la formazione". Emergono chiaramente due ambiti che il Vescovo è tenuto ad ascoltare per elaborare un giudizio ultimo e riassuntivo: il Seminario Maggiore e la Diocesi.

Il Seminario Maggiore, dove il candidato fa una vera e propria esperienza di Chiesa, dove c'e un Ordinario (il Rettore), un Presbiterio (1'equipe educativa) ed un gruppo di laici (i Seminaristi) rimane ancora oggi un luogo insostituibile di verifica e di crescita della vocazione. Nella ferialità della vita comunitaria, del diario di preghiera personale e comune, nello studio, nell'impegno pastorale, nella condivisione di gioie e dolori, di feste e di tensioni, di lavoro e di svago (le vacanze estive restano per lo piu un lungo tempo non animato e destrutturante del cammino compiuto nel corso di un anno!), il giovane e chiamato a crescere come uomo, come cristiano e come convocato a stare con Gesù-Maestro che lo manda a predicare (cfr Mc.3,13).
Il Rettore e, nell’ambito del Seminario, il perno intorno a cui girano i raggi della ruota formativa, da lui partono i messaggi del progetto formativo che i collaboratori trasformano in iniziative tese a destare atteggiamenti di carità pastorale nel soggetto docibile. La collaborazione tra il Rettore e gli altri componenti dell’equipe e di fondamentale importanza perchè sono essi ad avere un monitoraggio continuo del giovane in formazione che non puo essere fotografato solo nei colloqui ufficiali che, proprio per la dimensione "ufficiale", rischiano di dare una immagine di convenienza. Vanno suscitati l'impegno e la collaborazione del candidato stesso che deve essere posto in grado di collaborare alla realizzazione della sua felicità e al bene della Chiesa che coincidono, come la valutazione dei compagni di cammino che, superato un atteggiamento omertoso, devono sentirsi non solo oggetti, ma contemporaneamente soggetti dei piano educativo. Il Rettore in via ordinaria (utilizzo di test) e straordinaria (percorso terapeutico) può e deve avvalersi di esperti per verificare lo stato di salute fisica e psichica di chi fa parte della comunità del Seminario. Rimane ancora disancorato dal progetto educativo dei candidati all’Ordine l'apporto dei Docenti che hanno accompagnato il giovane nel percorso degli studi: essi ancora si limitano per lo piu alla comunicazione eccellente dei contenuti filosofici e teologici del biennio e del triennio, ma non fanno attenzione nelle ore che trascorre in facoltà, rassicuranti o preoecupanti sulla sua tenuta futura da prete. Da piu parti si invoca un piu attivo coinvolgimento educativo dei Docenti che li faccia attenti, oltre le competenze intellettuali e disciplinari, al giovane che, oltre ad essere esaminato sui contenuti delle lezioni, può sssere guardato da altre angolazioni. Anche ad essi il Rettore può chiedere una valutazione di idoneità. A queste voci interne al Seminario e al mondo accademico, si devono aggiungere quelle provenienti dalla Diocesi che hanno verificato il giovane sul campo pastorale: parroci di origine, parroci di pastorale di fine settimana, responsabili dei seminaristi, Rettori del seminario minore e quanti conoscono il soggetto in questione possono essere consultati dal Rettore prima di presentare al Vescovo il "giudizio sintetico".

La Diocesi e il secondo luogo in cui il Vescovo raccoglie gli "argomenti positivi" per l’ultimo discernimento. "L’atto di discernimento sull'idoneità di un candidato si denomina "scrutinio". Il Vescovo lo compie accogliendo inprimo luogo il giudizio sintetico del Rettore" (253). La voce del Rettore - va sottolineato - non è una voce tra le altre, non entra a pari titolo tra le altre che il Vescovo è tenuto ad ascoltare, ma ha un suo peso specifico, risponde ad una precisa preoecupazione della Chiesa ed è accompagnata da una grazia di stato cui l'Ordinario deve prestare specialissima attenzione anche perchè le altre voci potrebbero essere inficiate dall’affetto, da legami particolari di gruppi o singoli che non riescono ad essere spassionati, come dalle urgenze della vita diocesana e dalle stanchezze nate in presbiteri esigui e con alto tasso di clero anziano. Grava, comunque, sulle spalle e sul cuore del Vescovo la pesante responsabilità di formulare, avendo ascoltato tutti, un giudizio definitivo e inappellabile sulla idoneità del candidato, con la coscienza di influire positivamente o negativamente sul presente e sul futuro della Chiesa particolare che gli e affidata.

Quali sono - ora ci chieuiamo - i punti nodali di discernimento su cui sia il Rettore, sia il Vescovo debbono porre particolare attenzione?
Il giovane candidato deve essere condotto per mano a formulare una lettura sapienziale della sua vita a partire dall'infanzia per riconoscere in essa il passaggio di Dio. Insieme ad una storia della propria anima secondo una più accreditata tendenza della spiritualità, deve essere posto in grado di riconoscere e sapersi districare in una geografia dello spirito dove ci sono stati roveti ardenti, deserti da attraversare col minimo indispensabile, notti di lotta a custodia di guadi da cui si ritorna benedetti e feriti, montagne scalate in solitudine e delusioni cocenti con la tentazione, come Mosè di ritorno dal Sinai, di buttare tutto all'aria. La Bibbia è storia sacra, ma anche geografia sacra in cui i luoghi prendono il nome di una memoria, raccontano di un incontro o di uno scontro, tracciano itinerari per veri e propri pellegrinaggi. Come per Israele ogni credente, e tanto piu un candidato al Presbiterato, deve essere in grado di leggere con sapientia cordis la propria esistenza fino a formulare in poche parole e poche tappe il suo credo: "Mio padre era un arameo errante... ". Quanto piu i giovani che bussano alle porte del Seminario Maggiore mancano di un chiaro riferimento di fede familiare e parrocchiale (e si tratta della maggioranza) urge un'educazione alla percezione della vita come vocazione già in se stessa, come pura vita fisica ("Gloria Dei Homo vivens ), cui si aggiunge la conformazione a Cristo morto e Risorto (dimensione battesimale) e, solo in terza battuta, come possibilità d'essere chiamato ad essere pastore ad immagine di Gesu Bel Pastore. Da piu parti, sia sul versante laico che su quello della psicologia religiosa, si fa strada 1'aspetto terapeutico dell'autobiografia intesa come cura di sè e fondamento roccioso della propria consapevolezza per non essere portato via dalla prima crisi o inondazione del cuore. Questo intendiamo con il termine "lettura sapienziale della vita" su cui imperniare il discernimento conclusivo. I nostri seminaristi, non meno dei giovani loro coetanei, fanno fatica a fare storia e rischiano di perdersi in sensazioni e fotografie non collegate, fotogrammi che non costituiscono un insieme, un film. Gli educatori dentro e fuori il Seminario debbono aiutarli a capire gli eventi significativi della loro storia, spesso dolorosi, da non rimuovere, ma da visitare come santuari in cui, come nell’Antico Testamento, si costruisce un altare, si pianta una stele per ricordare che Dio è passato. Alcuni di questi momenti rispondono a una traccia comune: 1. esperienza sorgiva della grazia iniziale in cui il giovane si e sentito chiamato, attirato, reclamato dal Mistero per la pri¬ma volta; 2. anno propedeutico in cui ha iniziato ad elaborare quanto già accaduto con le categorie della Chiesa e insieme ad altri amici; 3. "portale d'ingresso del Seminario Maggiore", primo anno con le sue difficoltà a seminarizzarsi come il bambino fatica nella scolarizzazione nel passaggio dalla famiglia ad una struttura piu rigida e affollata; 4. rito di Ammissione con la paura e la voglia di implicarsi davanti alla Chiesa; 5. conferimento del Lettorato con l'abbraccio della Parola da amare e da cui lasciarsi ferire; 6. conferimento dell’Accolitato con la familiarità con l'altare riscoprendo il dono dell’Eucarestia; 7. Diaconato con 1'impegno del celibato e primo inserimento nella Chiesa locale fino ad allora guardata ed amata da lontano.


Grande attenzione deve essere posta dal Rettore e dal Vescovo nel verificare una buona qualità di maturità umana che dall’Appendice 1, A della Ratio viene definita con "sostanziale equilibrio affettivo-sessuale; libertà da eccessi di instabilità emotiva e da forti dipendenze affettive". Il candidato deve aver superato la fase "compulsiva" auto ed etero erotica dove l'altro non è per niente presente ed aver realizzato, per quanto constatabile, il passaggio da una fase distruttiva della sessualità (Amore e Morte) a quella dialogica e oblativa riconoscibile dal marchio DOC della tenerezza. Deve aver realizzato una buona accettazione del proprio corpo con un rapporto sereno tra sogni e bisogni: sono preoecupato dalla presenza in aumento nei nostri seminari di giovani sovrappeso o al limite della bulimia. Come si potrà gestire serenamente la propria sessualità se si è chiaramente incontinenti con il cibo? I Padri del Deserto ripetevano che chi vince la gola ha vinto ogni genere di vizio. Non per il vertiginoso aumento di casi di pedofilia che guadagnano gli onori della cronaca e gettano fango sulla stragrande maggioranza dei nostri Presbiteri che vivono silenziosamente ed eroicamente la loro immolazione, ma per il pervasivo e potente avanzare di una cultura gay, va posta piu attenzione ai fenomeno dell’omosessualità che da ferita sta assurgendo a rango di orgoglio e che mina anche i nostri giovani candidati. L'aiuto educativo deve essere teso ad evidenziare eventuali zone d'ombra offrendo all’'intervento terapeutico eventuali ferite del passato (il vero pericolo e l'omosessualitä inconsapevole o celata!). Va verificata sempre e comunque 1'attitudine alla castità non come pio desiderio, ma come atteggiamento del cuore e della mente che in pratica è accolto come fontana di fecondità spirituale e pastorale e non come una "diminutio". Nella maturità umana rientra una sana relazione con la famiglia d'origine che si coniughi, da un lato come riconoscenza e dall'altro come sano disacco: se per sposarsi e richiesto di lasciare il padre e la madre per aprirsi al novum del Matrimonio, anche al candidato Presbitero è richiesta una sana desatelizzazione per poter dire con Gesù "Chi è mia madre? Chi sono i miei fratelli?".


Un terzo punto nodale di discernimento è la carità pastorale.
'L’ intera formazione dei candidati al sacerdozio - recita la Ratio al n.101 - è destinata a disporli in un modo più particolare a comunicare alla carità di Cristo, buon Pastore. Ne deriva che la formazione pastorale costituisce il fine e la cifra di tutta la formazione presbiterale. Non si tratta in primo luogo di offrire tecniche e metodologie, corsi speciali e tirocini, ma di educare a un modo di essere che unifichi e orienti l'intera personalità: lo stile del pastore, chiamato a identificarsi con Cristo Pastore e a fare proprio il suo amore per il gregge, fino a dare la vita". La carità pastorale è un modo di essere, riguarda il cuore prima che un modo di operare, si educa e si rivela attraverso sentimenti, pensieri, sguardi, disponibilità a tacere e a parlare a secondo dei casi, si misura nel modo che ha il candidato a progettarsi pensandosi prete della sua Chiesa locale. I luoghi della formazione alla carità pastorale sono i luoghi classici della preghiera, dello studio, dell'attenzione amorosa ai problemi della Chiesa e del mondo ed anche di un vero e proprio tirocinio pastorale che sia (gli aggettivi sono scanditi dalla Ratio) consistente (non fumoso come tanti progetti pastorali che sono di sola facciata), circoscritto (per evitare che ci si occupi di tutto e di nulla), graduale (per accompagnare le tappe del cammino), differenziato (non può essere solo di animazione liturgica dove tutti eccellono, ma prevedere luoghi di catechesi e di servizio caritativo), verificato (fa parte dell’itinerario formativo fermarsi a riflettere sull’accaduto guardando in moviola parole e gesti compiuti per capire i passi falsi), accompagnato (i futuri preti debbono imparare dai preti e sentire che sono guardati come ragazzi a bottega perche si impara facendo).

Piu volte i Vescovi italiani denunciano la "povertà delle relazioni pastorali" e quando parlano di una significafiva crisi dell’appartenenza ecclesiale nel nostro paese non esitano ad affermare che essa è in parte dipendente dall'impoverimento della relazione pastorale che per questo va criticamente riconsiderata. Educare alla carità pastorale e dunque educare a stare nelle relazioni orizzontali (compagni di seminario – domani confratelli) e verticali (Vescovo verso 1'alto - e fedeli - verso il basso -) rilanciandole continuamente, imparando a perdere, a stare nella tensione, a gestire l'ansia, a comprendere quando è il tempo di parlare e quando quello di tacere come ricorda il Qoelet. La relazione è la vera grande sfida della Nuova Evangelizzazione, la rete attraverso cui far passare l’ Evangelo come le vie consolari sono state i canali attraverso cui ha camminato nella prima generazione cristiana. I nostri seminaristi - lo annoto con amore - sono espertissimi nei nuovi linguaggi informatici e conoscono tutte le porte dei salotti virtuali dove i loro coetanei si incontrano, senza sfiorarsi, in un gioco infinito di specchi deformanti e di cento e cento identità-maschere prese a prestito come il poeta portoghese Fernando Pessoa, ma naufragano ingloriosamente dinnanzi al fallimento di una riunione o alla resistenza opposta da un giovane vero 'in carne ed ossa) nel corso di un Campo Scuola. E' urgente mettere a tema sul piano formativo una sorta di "ascesi delle relazioni" dove tornano di moda le virtù della pazienza, del perdono, dell’accoglienza, del puntare sull’avversario come possibile candidato per la propria causa perchè altri Saulo da persecutori divengano evangelizzatori. E prima di una ascesi va chiarita e posta in atto una vera "alfabetizzazione della relazione" per generazioni di figli unici affetti da uno strisciante autismo. Dobbiamo riconoscere che oggi piu che mai stare nella trincea della formazione dei futuri Presbiteri e un compito ad alto rischio e di grande rilievo per il futuro della Chiesa perchè oltre quanto, a partire dal Concilio di Trento, si è chiesto a Rettori e Padri Spirituali, si deve aggiungere la croce dell’educazione a stare nelle relazioni umane, dimensione fino a pochi anni fa appannaggio della famiglia. La relazione, in una cultura del 'tutto e subito", richiede che si riapprenda 1'arte di guardarsi da lontano e di avvicinarsi a piccoli passi come la volpe insegna al Piccolo Principe con la sapienza dei riti e con il gusto di "camminare adagio adagio verso la fontana“ quando si ha sete e si vuole sentire il canto della carrucola che tira il secchio dal pozzo. In Seminario, set teatrale su cui si impara ad essere preti, e urgente insegnare che una relazione, anche quella pastorale, è fatta da sequenze di presenze ed assenze, da suoni e pause, da vicinanze e lontananze sapientemente impastate come 1'alternarsi di giorno e notte. A volte un'assenza incide piu di una presenza come attesta anche la pedagogia di Gesù che a volte non si fa trovare nel suo giaciglio e, sul far del mattino, mette in cammino di ricerca i dodici. La mentalità del "Grande Fratello" che risponde all'ethos che vuole vero solo ciò che si vede, ha intaccato anche gli uomini di Chiesa che spesso peccano di presenzialismo temendo di essere marginalizzati e condannati all'oblio dai mezzi della comunicazione sociale. I nostri seminaristi, che dal clero sono sempre pronti ad assumere i vizi oscurandone le virtù, hanno imparato subito ad essere asfissianti con incontri e feste, messaggini e sms lanciati a qualsiasi ora del giorno e della notte, invece che apprendere la lezione di Bonhoeffer in "Vita Comune" che vuole il pastore impegnato su due direttrici: parlare di Dio agli uomini e parlare degli uomini a Dio. La sapienza della lontananza come registro della relazione deve educare a fare attenzione all’orologio e ai suoi rintocchi perche c'e l’ora di essere presenti alla festa e l’ora di scappare via, magari lasciando una scarpina nelle scale, prima che si rompa l’incantesimo dell' incontro pastorale. "Quando riuscirai a fare a meno degli altri, gli altri non potranno fare a meno di te" sentenzia un Padre del Deserto educando il discepolo al nascondimento e promettendogli allo stesso tempo una ricca paternità.

Vedo corrugarsi la fronte di Rettori ed Educatori di Seminario, di Padri Spirituali e di Vescovi alle prese, come me, del difficile compito dell’educazione e del discernimento conclusivo. Riusciranno i nostri eroi?... Questo modesto contributo ha la pretesa solo di condividere una preoccupazione e un'urgenza. So che abbondano le vocazioni all’Episcopato e scarseggiano quelle al Diaconato e al Presbiterato. Mi rendo conto che la tenuta della castità preoecupa educatori e Vescovi, ma umilmente e decisamente, indico che tra i criteri di discernimento e, in prima battuta, di educazione dei candidati all’Ordine Sacro, sia posta la sapienza nelle relazioni al pari della castità conclamata, della vita di pietà, della disciplina e dell’aver conseguito il baccalaureato. La Diocesi e il Seminario indicati come luoghi di discernimento, divengano cattedre e cattedrali in cui si insegni, sul campo, come il cuore di un prete, crocevia di relazioni, può diventare estuario di redenzione.

TU ES SACERDOS IN AETERNUM 


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