domenica 22 aprile 2012

II nostro Dio è un Dio vivo



II nostro Dio è un Dio vivo
Perché cercate tra i morti colui che è vivo? (Lc 24,5).
«Si compirà la parola della Scrittura: la morte è stata ingoiata per la vittoria» (1 Cor 15,54). Cosi Paolo traduceva questo mistero. Nella prima Pasqua, Dio aveva salvato gli Ebrei dall'esercito nemico del faraone. Li aveva fatti passare attraverso il Mar Rosso. Nella seconda Pa­squa, Gesù, con la sua discesa agli inferi, liberò i creden­ti da tutte le forze del male. L'Antico Testamento aveva capito che l'inferno è il luogo dell'assenza di Dio. Il Nuo­vo Testamento annuncia che dopo la discesa di Gesù agli inferi non c'è più nessun luogo dove Dio sia assente. L'inferno non può essere che lo stato di coloro che rifiu­tano l'amore di Dio e non lasciano nessuna presa alla grazia della risurrezione.
Il mistero della risurrezione di Gesù dai morti è dif­ficile da penetrare per i nostri spiriti lenti a credere. Fa­risei e Sadducei erano divisi a proposito della risurre­zione.
Gli evangelisti che dovevano annunciare la Buona Novella della risurrezione di Cristo, dovettero affrontare il problema del linguaggio e dei suoi limiti. Come tra­durre questo mistero senza tradirlo? Adottarono la solu­zione di riprendere il linguaggio biblico. Questo aveva superato la prova del tempo e nessuno dubitava della sua ispirazione. Così ripresero lo schema del Giusto umilia­to dagli uomini ed esaltato da Dio e il vocabolario delle apparizioni dell'Antico Testamento: «Egli è stato visto». Luca tentò un nuovo approccio al mistero della risurre­zione, riprese il vocabolario della vita e della morte. Co­sì mette in bocca all'Angelo questa frase: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?» (Lc 24,5).
Per comprendere la portata di questa frase, bisogna collocarla nel suo contesto culturale. Un'antica tradizio­ne giudaica parla dell'incontro di Mosè ed Aronne con il faraone. Questi, a Mosè che gli chiedeva di lasciar parti­re il popolo, rispose con arroganza: «Chi è Jhwh, perché io debba ascoltare la sua voce?» (Es 5,2). Per rendere più ridicola la situazione, il faraone chiese loro un momento per poter consultare i suoi libri, che riportavano il nome delle divinità delle altre nazioni. Cominciò a leggere: il dio di Moab, il dio di Ammon, il dio di Sidone... Ritor­nato da Mosè, gli disse: «Ho cercato invano il nome di Jhwh...». Mosè allora gli disse: «Si cercano i morti tra i vivi o i vivi tra i morti? Il nostro Dio è un Dio vivo, quel­li di cui tu parli sono divinità pagane. Il nostro Dio è un re eterno, un Vivente».
In questo contesto dell'Esodo, Mosè ed Aronne ri­cordano al faraone questa verità della fede di Israele. Dio è il Dio dei vivi ed è un Dio vivo. Gesù, con la sua mor­te, aveva fatto un nuovo Esodo, l'Esodo definitivo. Così Luca si sentirà autorizzato a riprendere questa frase dal­la tradizione giudaica e la applicherà a Cristo. Adesso il Vivente è Lui. Egli è disceso nel regno dei morti. Ha li­berato le anime di quelli che aspettavano la redenzione. Ma è ritornato al regno della Vita. È vivo ed è capace di far passare quelli che credono in lui dalle tenebre alla Luce, dalla tristezza alla Gioia, dall'errore alla Verità, dal­la morte alla Vita.

p. f. manns, ofm, Gesù figlio di Davide, pag. 22l ss.

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