sabato 17 novembre 2012

sessualità

Lo scandalo dei vescovi che parlano di sesso

di Giuliano Guzzo

Siete delusi da sfumature di grigio che prima esaltano e poi, finito il libro, ti salutano? Volete pane per i vostri denti, voi assetati di esperienze che contano? Insomma, volete roba forte? Bene, allora leggetevi le 36 pagine degli Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia ad opera della Commissione Episcopale per la famiglia e per la vita. Fidatevi, non ci troverete la solita minestra ma dinamite. Roba forte, appunto. A partire dai passaggi rivolti ai giovani di oggi, agli «adolescenti, assediati da un clima generale fortemente erotizzato nella comunicazione, nella moda, nei modelli proposti, devono essere guidati ad acquisire un sano senso critico» (p.7).

Poche ma già dense parole che fotografano appieno la devianza di una sessualità che quando è continuamente indotta non può, nonostante i piaceri che procura, essere libera. E meno liberi ancora sono quanti, proprio perché «assediati da un clima generale fortemente erotizzato», non scelgono qualcuno per amore ma lo cercano per piacere; non del tutto consapevolmente magari, ma questo fanno. Attenzione però: non si vuole, dicendo questo, demonizzare proprio nulla. Al contrario, proprio perché la sessualità è fondamentale che deve essere vissuta come si deve. E cioè secondo quel magnifico principio che, scomparso come termine dalla lingua parlata, di questo passo lascerà pure il vocabolario: il pudore. Che non è una prigione ma un mezzo, una via che «custodisce e tutela i valori intimi e profondi della persona; non limita la sessualità, ma la protegge e l’accompagna verso un amore integrale e autenticamente umano» (p. 8). Pudore e castità, quindi, da intendersi non come privazione del piacere durante il fidanzamento, ma come orientamento di quest’ultimo verso il piacere vero, da vivere pienamente nel matrimonio. Altro che Chiesa sessuofobica!

D’accordo, si obbietterà, ma così dicendo di fatto si suggerisce ad una coppia di sposarsi senza nemmeno un sano e raccomandabile collaudo dell’intesa sessuale. E come si fa, scusate, a sposarsi senza questo? E se poi uno scopre di avere sposato la famigerata “persona sbagliata”, che fa? Si spara? Ora, messa così l’obiezione ha effettivamente il sapore della critica intelligente, che inchioda la morale cattolica alle proprie contraddizioni con la realtà. Il punto è che proprio la realtà, se ci pensiamo bene, a dare ragione alla Chiesa. Infatti nessuno può negare la diffusione, oggigiorno, dei rapporti prematrimoniali. Ebbene, al tempo stesso non si può negare neppure un’altra tendenza, ossia quella – piuttosto triste, diciamolo – per cui le coppie si sposano sempre meno e, anche quando convolano a nozze, si lasciano sempre prima, ognuno per la sua strada. Eppure si tratta di coppie che la famosa intesa sessuale l’avevano sperimentata a dovere, intensamente, prima a rate e poi tutta intera, senza limiti. Insomma, sulla carta si tratta di coppie – almeno in teoria - moderne, libere e felici. Ma poi, non di rado, arrivano là dove non avrebbero mai pensato e voluto: a lasciarsi. Come mai? Vuoi vedere che forse è proprio vero che sessualità è sì importante, ma non sufficiente per la longevità di una storia? Per la stabilità di un rapporto, infatti, serve ben altro che la percezione di stare bene insieme: si deve sapere dove insieme si vuole andare. E occorre saperlo con chiarezza da subito, perché una relazione che inizia come passatempo, c’è poco da fare, difficilmente può tramutarsi in qualcosa di più serio. Sarà ricca e stimolante, ma dopo un po’ perderà il suo fascino iniziale. Come accade, appunto, per i passatempi.

A scanso di equivoci è comunque bene ribadire che la Chiesa – contrariamente a ciò che qualcuno pensa - non raccomanda di fidanzarsi o addirittura di sposarsi “a scatola chiusa”, senza conoscere minimamente il proprio partner. E’ una balla grande come una casa. La Chiesa non vuole affatto questo; ed oltretutto non potrebbe nemmeno volerlo: primo perché l’attrazione fisica fra due persone non ha bisogno di alcun “giro di prova” e non soggiace ad alcun divieto – o c’è o non c’è –, e secondo perché se due si sposassero senza desiderarsi sarebbe semplicemente folle.

La Chiesa e gli autori degli Orientamenti pastorali sulla preparazione al matrimonio e alla famiglia questo lo sanno bene. Tanto è vero che alla fine, come prova definitiva delle proprie tesi, non ricorrono ad alcun argomento bensì alla testimonianza. A quella testimonianza che chiunque può incontrare. Infatti, se è «vero che non pochi dei fidanzati che richiedono il sacramento del matrimonio sono da tempo distanti dalla pratica religiosa e dalla partecipazione attiva alla vita della comunità cristiana, non possiamo dimenticare che vi sono giovani che scelgono di sposarsi in chiesa con una chiara coscienza di fede, magari dopo cammini pluriennali all’interno della comunità» (p. 19).

Una constatazione che lascia aperta una serie di domande: ma se davvero – anche se non è affatto così, come ogni buon cattolico sa – la vita è una e bisogna gustarne ogni esperienza, perché non provare anche la castità? Perché non osare? Il percorso è di quelli tosti, inutile raccontarsi storie. Eppure vale la pena tentarlo. Perché gettare le piastrelle del fidanzamento da subito nella direzione del matrimonio non significa a tutti i costi arrivarci, ma sapere che quando ci si arriverà non solo avremo davanti a noi la sospirata “persona giusta”, ma saremo a nostra volta la “persona giusta”. Perché avremo imparato ad amare; a rispettare davvero l’altro; a governare le passioni, pronti al meritato piacere di cui non saremo schiavi, ma principi.
http://giulianoguzzo.wordpress.com/
 

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