mercoledì 25 settembre 2013

Odifreddi

L’effetto emerito




Nella lettera di Ratzinger che bastona Odifreddi c’è il vero motivo delle dimissioni (non è l’ateismo)

“Pochissime persone al mondo, ed Eugenio Scalfari è una di queste, possono comprendere la sorpresa e l’emozione che si provano nel ricevere a casa propria un’inaspettata lettera di un Papa”. Si potrebbe anche solo prendere atto che nel giro di due settimane pure il Papa emerito ha scritto a un ateo di Repubblica, e vedere di nascosto l’effetto che fa. Si potrebbe ironizzare sul miracolo emerito, vista l’emozione con cui Piergiorgio Odifreddi ha accolto il postino. Si potrebbe notare che c’è qualcosa di straordinario nel (momentaneo) trionfo mediatico del papato, ma forse anche di forzato. Si potrebbe dire che c’è un eccesso di affettazione nel trasporto con cui Ezio Mauro riceve ed entusiasticamente pubblica le missive dei papi, e le commenta diligente e le fa diligentemente commentare. Ieri Repubblica ha ospitato parte della lunga lettera che Joseph Ratzinger ha scritto a Piergiorgio Odifreddi, matematico mediatico e ateista, il quale gli aveva fatto pervenire il suo libro “Caro Papa, ti scrivo”, concepito e scritto come una “introduzione all’ateismo” in risposta alla “Introduzione al cristianesimo” che Ratzinger aveva scritto quasi cinquant’anni fa. E il Papa emerito ha letto, e risposto.

Leggendo le professorali staffilate di Ratzinger a Odifreddi, dopo che Francesco aveva invece massaggiato amorevole la coscienza di Scalfari, si potrebbe anche sospettare che i due giochino al Papa buono e al Papa cattivo, uno li liscia e l’altro li mena. Ma non è così. Si potrebbe notare che la pax giornalistica tra Repubblica (e praticamente tutti i media mondiali) e il Vaticano è iniziata quando il vescovo in carica di Roma ha deciso di arretrare dal duro terreno di scontro culturale con la secolarizzazione e optare per un dialogo che largheggia in libertà di coscienza, non più seduto sulle baionette della dottrina e della teologia (che invece l’emerito rivendica: “Ella dovrebbe per lo meno riconoscere che, nell’ambito storico e in quello del pensiero filosofico, la teologia ha prodotto risultati durevoli”). Di fronte a un cattolicesimo romano che teneva il punto (poiché il protestantesimo da un pezzo ha finito di essere un termine di interlocuzione spigolosa per la modernità e ha firmato la resa, senza particolare resistenza) e che sembra adesso cedere, ponti d’oro. Ma nemmeno è così.
Si potrebbero insomma dire un sacco di cose, variando tra il poco importante e il decisamente sbagliato. Il punto interessante è un altro, chiaro per chi lo voglia vedere. La lettera di Ratzinger a Odifreddi ha un tono sciolto e rigoroso, libero e a tratti severo. Concede con cortesia accademica all’interlocutore quel che può, ma poi bastona senza misericordia: “Posso soltanto invitarla in modo deciso a rendersi un po’ più competente da un punto di vista storico”; “ciò che lei dice su Gesù è un parlare avventato che non dovrebbe ripetere”; “devo respingere con forza”. E contrattacca infine nel campo dell’altro: “Nella sua religione della matematica tre temi fondamentali dell’esistenza umana restano non considerati: la libertà, l’amore, il male”.


Tutto questo significa due cose. Che Ratzinger, liberatosi dal fardello di Pietro, è tornato a essere quello che sempre ha voluto essere, un intellettuale e un teologo. Un pensatore più libero di quel che gli sia riconosciuto. Ora che non è più Papa si riprende una libertà di tono che si era involuta sotto il cannoneggiamento del mondo. Ma questo svela anche la faccia buia della medaglia. Che Benedetto XVI sentiva di non essere in grado di reggere, da quella posizione di autorità e di governo, lo scontro con la cultura secolare dell’occidente post cristiano che invece sa reggere benissimo nei suoi panni di teologo. Andarsene è stata l’ammissione che ci sarebbe voluta altra tempra e altra energia. Dopo di lui avrebbe potuto esserci un Papa che raccogliesse le stesse armi per l’identica battaglia, ma con altro vigore. Invece è arrivato un Papa che ha cambiato scena e palcoscenico, anzi tutto il teatro. Che al rapporto con la modernità applica il discernimento. Che, un po’ ingenuo e un po’ furbo, evita di farsi impallinare. Diversamente colto, ignaziano. Si vedrà. Ma sarebbe stato interessante vedere un Benedetto XVI che rispondesse così, a muso duro, a tutti gli Odifreddi e ai cultori degli dèi falsi e bugiardi quando stava in cattedra, quando non lo vollero alla Sapienza. E costringerli, allora, a riconoscere il terreno comune che ora Odifreddi è felice di ammettere, “la ricerca della Verità, con la maiuscola”.

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