domenica 19 gennaio 2014

d. ADRIANO SALVADORI


don ADRIANO SALVADORI

La vita eterna donagli, o Signore, 
fà che per lui splenda la luce perpetua, 

e che viva nella pace.


Dagli scritti di fr. Pietro Andrea Liegè, sacerdote.
Morire insieme a Cristo.
La nostra fede riconosce nel sacrificio e nella morte di Cristo la fonte e la porta di tutte le cose che nella nostra vita prendono la forma di sacrificio e di rinuncia. Infatti il Dio vivente non si mostra forse Dio per mezzo della croce di Gesù, il quale trasfor­ma in speranza la morte e gli altri mali e calamità che agiscono nella nostra vita? Forse Gesù nel pro­prio sacrificio non restaurò pienamente le relazioni dell'uomo verso Dio, conducendo fino all'estremo la spirituale battaglia?
Morire con Cristo vuol dire impegnarsi nella sua sequela, persistendo proprio in questa speranza e in questa lotta spirituale; nella spirituale lotta ci emancipiamo con Cristo quando ci impegniamo per mezzo della carità di Dio e dei fratelli, a qualunque prezzo, contro ogni menzogna o ingiustizia o fata­lità o violenza o odio o macchinazione dei potenti o paura che si presenta.
Nella speranza ci assoggettiamo a Cristo, quando dalle profondità della nostra morte o delle nostre disperazioni e defezioni, o incredulità, o disperazioni umane di tutti i rimproveri della nostra vita, ci rimettiamo pienamente al Dio vivente. II mistero pasquale rifulge sopra tutte le rinunce di ogni genere alle quali consentiamo, o sopra le frustrazioni che sopportiamo, o nel dominio che abbiamo di noi stessi sulla disciplina alla quale ci sottomettiamo.
Non parliamo di una stoica sapienza o di un certo ascetismo morale.
La vita risuscitata con Cristo confluisce già nel «morire con Cristo», essa trasfigura la nostra batta­glia e la nostra povertà, essa provoca la nostra offer­ta e decisione. «Infatti se noi viviamo, viviamo per il Signore; se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore» (Rm 14,8).
Morire con Cristo vuol dire vincere l'inerzia dell'esistenza, la cupidigia, distaccarsi dalla volubi­lità, lasciare la leggerezza dell'animo, desistere dalla fatuità, dal modo di apparire, e scegliere, invece, sinceramente il Vangelo e aderirvi fedelmente.
Morire con Cristo vuol dire allontanarsi dalle ricchezze e dall'umana gloria e accettare d'essere privati per conformare la propria vita in vista del regno di Dio.
Morire con Cristo vuol dire addossarsi il ri­schio dell'affetto fraterno che richiede di espropriar­si, o accettare il pericolo di testimoniare la verità e la giustizia fra gli uomini, o di sperimentare il peri­colo di mantenere la fede data.
Morire con Cristo vuol dire sopportare le asprezze e le resistenze di quelli che ci stanno intor­no e ammettere il cambiamento che serve per instaurare una esistenza di fedeltà.
Morire con Cristo vuoi dire accettare la propria morte come una oblazione e un riporsi con fiducia in Dio, ricevere nella speranza la morte anche dei fratelli e degli amici.
Morire con Cristo vuol dire sopportare con animo sereno l'invecchiamento, i disprezzi, le sconfitte, anche nelle fatiche apostoliche.
Morire con Cristo vuol dire essere liberali dall'egoismo e dalla auto ammirazione per mezzo di vari stimoli di amore e di partecipazione agli altri di misericordia e di riconciliazione.
Morire con Cristo vuol dire sperimentare qualche volta l'oscurità della fede e sopportarla con fermezza. Sono così numerose le occasioni di abnegazio­ne e di sacrificio, quasi necessarie in ogni vita cri­stiana condotta seriamente. Tuttavia bisogna guardarsi dal cambiarle nel nostro modo di agire. A ognuno secondo la propria condizione o il tempo nel quale vive o secondo la vocazione che ha ricevuto, lo Spirito Santo a tempo opportuno fa sentire la chiamata che conviene a cia­scuno, nella pace e nel gaudio e in una gioia più salda le stesse esterne tempeste o agitazioni dell'anima. Non c'è assolutamente celebrazione del­l'Eucarestia quando Cristo, che partecipa il proprio  sacrificio pasquale con i credenti coadunati, non assuma su di sé tutto quello che nella loro vita pre­senta l'aspetto di sacrificio e di abnegazione evan­gelica, sì da cambiarlo in frutti di vita proprio in virtù della sua Resurrezione. Non è tale la nostra  celebrazione dell'Eucarestia?



Oratio
Præsta, quæsumus, Domine: ut anima famuli tui Adriani Sacerdotis, quem, in hoc sæculo commorantem, sacris muneribus decorasti, in cælesti sede gloriosa semper exsultet. Per Dominum nostrum Iesum Christum Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti, Deus, per omnia sæcula sæculorum. Amen.


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