martedì 2 giugno 2015

mons. Bregantini su Nozze Gay

Riflessione di monsignor Bregantini 
su Nozze Gay e Famiglia naturale

«Il fiore ha bisogno dell’ape per essere fecondato. Lo yogurt dei fermenti per potersi sviluppare. E gli occhietti stupiti dei bimbi, che incontro nelle frequenti visite nelle scuole, sento che sono il riflesso di due mondi diversi, che in quell’unico volto si fanno armonia. Cioè tutto è intrecciato. Tutto armonizzato dalla diversità riconosciuta, rispettata e valorizzata. Come i colori dell’arcobaleno, che, soltanto insieme, nelle loro native differenze, possono formare l’unica luce.

Ecco perché, partendo anche dalle cose più semplici ma cariche di bellezza, resto rammaricato profondamente dal voto di approvazione del matrimonio tra omosessuali, fatto in Irlanda, con una maggioranza elevata! Sento che è una sfida. Sul piano della fede, certo, ma soprattutto sul piano culturale. Vi è sottesa la grande domanda centrale del nostro tempo: che valore dare alle differenze?
La fatica di pensare il Matrimonio senza le sfide del confronto serio e quotidiano con la diversità corporale ci porterà lentamente a vedere in ogni diversità solo un peso da scaricare e non un dono da valorizzare. La famiglia infatti educa alla diversità positiva e arricchente già nel suo stesso naturale costituirsi, come coppia, immagine intrinseca della ricchezza relazionale Trinitaria.

Tutto viene generato nel “GREMBO”, che è la famiglia, fatto di persone diverse, di persone in costante e quotidiana relazione. La famiglia si fa così scuola, dove si impara a convivere nella differenza. Differenza di generi, di generazioni, di età, di storie e di culture che si sanno accogliere e si comunicano, reciprocamente. Anzi, più largo è il ventaglio di queste relazioni, più diverse sono le età e più marcate sono queste differenze, tanto più ricco e l’ambiente di vita. Già in famiglia, per poi trasferirsi nella società tutta. In questo grembo molteplice e ricco, proprio perché differenziato (e non omologato nemmeno a livello corporeo!) si impara ad abbracciarsi, sostenersi, accompagnarsi, decifrando gli sguardi e i silenzi, per ridere e piangere insieme, tra persone che si amano e si stimano reciprocamente nella loro diversità. Poiché hanno imparato ad accogliere – vitalmente – le loro native e naturali differenze e ne hanno fatto risorsa.

Allargando allora lo sguardo, è nel legame familiare tra maschio e femmina che si impara poi a costruire solidi legami di PROSSIMITÀ SOCIALE E POLITICA, partendo già dal parlare le “lingue materne”. Le parole, come il corpo, non le inventiamo. Le abbiamo ricevute; e perciò le possiamo imparare ad usare, in stupore crescente e riconoscenza arricchita. Altri ci hanno preceduto. Altri ci hanno donato tutto in piena gratuita. Una vita generata e perciò capaci di generare e di creare a sua volta, qualcosa di bello e di buono. Da qui anche la relazione con Dio, nella preghiera, frutto di stupore, perché qualcuno, dolcemente, ci hai insegnato ad apprezzare a stimare ogni cosa, ogni storia, ogni volto.
Certo, nessuna famiglia è perfetta, anzi, è spesso il luogo complesso e duro della scoperta e sperimentazione faticosa dei LIMITI, propri e altrui, nei piccoli e grandi problemi di coesistenza, già nel quotidiano andare d’accordo. Ma non dobbiamo avere paura dell’imperfezione, della fragilità, nemmeno dei conflitti. Bisogna invece imparare ad affrontarli in maniera costruttiva. Così la famiglia si fa scuola sociale di perdono e di riconciliazione, per far crescere i figli, frutto di questo amore tra maschio e femmina, che sia capace di ascolto e di dialogo arricchente.
Un grazie allora alle famiglie con figli segnati dalla disabilità, perché proprio dal loro dolore, che si fa ulteriore ricchezza relazionale, impariamo ancor più ad aprirci all’inclusione. Nessuno va escluso, ma dentro un solco di valorizzazione delle reciproche differenze, non appiattite, ma accolte e armonizzate.
Il livello culturale che nega la diversità ripropone a tutti una serie infinita di interrogativi sociali. Rispettiamo certo i diritti individuali, ma non vanno posti come diritti collettivi, generali. Vanno sempre distinti i due livelli. Per questo, non pensate che sia fecondo riflettere insieme sulla affermazione, dura, ma vera del cardinale Parolin: Le nozze gay decise in Irlanda sono una sconfitta per l’umanità!”?»

+ GianCarlo, vescovo

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