sabato 21 novembre 2015

la “misericordia” : ennesima superstizione

Non siamo i padroni della “misericordia”. E’ proprietà di Dio




Tutti a credere a questa ennesima superstizione: che la “misericordia” ci appartiene, che ne siamo dispensatori a nostra discrezione, per gli altri, ma specie verso noi stessi, larghissimi di manica come fosse tra le facoltà del cattolico quella di autoassolversi.
Superstizione “laica” che viene dopo quell’altra ben più grave perché clericale, secondo cui la “misericordia” sarebbe una specie di bene immobile di proprietà delle supreme gerarchie e la si può donare qua e là come loro grazioso atto di liberalità.
E tutti insieme, laici e consacrati, a credere che persino l’assoluzione nel sacramento della confessione sia un atto esercitato a titolo personale dal prete, onde il “perdono” altro non sarebbe che la personale misericordia di costui, non più mediator Dei, filo che congiunge i due opposti capi della cornetta (Dio e il penitente), ma destinatario esso stesso dei peccati confessati dal penitente, vagliati non più secondo principi eterni e sentendo cum ecclesia bensì in base al secondo me più o meno mutuato dalla moda mediatica o dagli umori e predilezioni mutevoli del prete, novello dio onnipotente.
Che è l’ulteriore modo di detronizzare Dio e privarlo dei suoi diritti mentre ne usurpiamo il posto e il ruolo. Per cui è giocoforza spingere alla dannazione anche il penitente stesso, grazie alla nostra abusiva e tarocca misericordiapelosa. Che tanto assomiglia alla condiscendenza quando non alla complicità, per cui assolvendo motu proprio i peccati dell’altro assolvi anzitutto te stesso e la tua cattiva coscienza.
Ma il solo padrone, titolare, dispensatore o meno della grazia della Misericordia e del perdono è Dio, Dio soltanto, non il prete o il papa o persino il penitente stesso che se ne ammannisce come giustificante al suo vizio nel frattempo diventato prassi e dunque corruzione e il corrotto è già un servo di satana non un figlio di Dio bisognoso di misericordia: semplicemente perché non la vuole, la misericordia, pretende unicamente una licenza e l’immunità dal giudizio. I corrotti, non i peccatori, i corrotti andrebbero tutti messi al rogo, vivi. Altro che misericordia! Un corrotto al mondo è un gas venefico che volteggia nell’aria e semina morte e distruzione ovunque è respirato.
Siamo arrivati al paradosso estremo di papi che invocano nei seminari di avere “misericordia per i propri stessi peccati per poter perdonare quelli degli altri”, questo si dice ai futuri sacerdoti. Come, appunto, ancora una volta, fosse uno stato d’animo del confessore la misericordia, come non si fosse sempre saputo che bisogna anzitutto essere intransigenti con se stessi per poter sentire la carità in modo più vivo e vero dinanzi alla colpa dell’altro. E in ginocchio donare a Dio il peccato rinnegato dal penitente e a costui la grazia di Dio: come servi della carità non come padroni del bene e del male.
Questa è la pericolosissima superbiosa malsana idea che passa oggidì nella testa di certi gerarchi: che siano i titolari del bene e del male, del vizio e della grazia, della misericordia e della condanna, del sacramento stesso.
Ma il prete quando confessa dovrebbe lui farlo in ginocchio, prima che il penitente. Perché facendosi piccoli piccoli – mi diceva un amico prete pochi giorni fa – si ricevono i grandi peccati di chi si confessa, con timore e tremore si accolgono, perché non sono roba tua i peccati del penitente: non appartengono né al confessore – come non gli appartiene la misericordia e nemmanco il perdono – ma a Dio e alla sua creatura contrita… perché deve essere pentita dopodiché, come sta scritto, “tu o Dio un cuore umiliato non dispezzi“.
In ginocchio ci si confessa, in ginocchio si confessa: non dall’alto di un trono illegittimo umano troppo umano dal quale a petto gonfio, sentendosi più buoni e magnanimi di Dio, a proprio insindacabile giudizio si decide non solo ciò che è bene o male, ma addirittura di commutare ciò che è male agli occhi di Dio in quel che è “bene” agli occhi del prete.
Il Pentimento è come una lettera: dove Dio è il destinatario, il prete è il postino, il penitente è il mittente.
La Misericordia poi, è come una lettera di risposta: dove Dio – perché la misericordia è proprietà di Dio – è il mittente, il prete è sempre il postino, il penitente ne è il destinatario.
Il “postino”, non è Dio. Nemmanco se è papa.
http://www.papalepapale.com/cucciamastino/senza-categoria/non-siamo-i-padroni-della-misericordia-e-proprieta-di-dio/

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