venerdì 8 gennaio 2016

il segno di pace “si può omettere e talora deve essere omesso”

Alcune considerazioni sparse sullo “scambiatevi il segno della pace”, che devo subire quando, impossibilitato ad assistere alla S. Messa di sempre, assisto alla Messa:
1) lo “scambiatevi il segno della pace” è uno pseudo rito a-liturgico, presente, nel rito antico, solo nelle messe pontificali, solo accennato e solo tra il clero;
2) veicola una visione irenistica e falsamente comunitaria, totalmente assente nella liturgia e nella dottrina cattolica. In altri termini, contribuisce a trasmettere, consapevolmente o inconsapevolmente, un “pacifismo”, in senso lato, i cui risultati li vediamo bene nella totale, colpevole arrendevolezza della Chiesa riguardo alle persecuzioni contemporanee;
3) è fastidioso liturgicamente, perché interrompe, nel “nuovo” rito romano, la concentrazione per la S. Comunione (nel “nuovo” rito ambrosiano è collocato, fortunatamente, prima);
4) è irritante socialmente, perché non vado a Messa per “fare amicizie”, ma per assistere al Sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo. Non per dilettarmi di bovine transumanze di idioti sorridenti e socializzanti (“chi ha detto che io voglio stringere la mano a qualcuno?”).
Aggiungo: forse complice un certo decadimento antropologico dei frequentatori della messa moderna (e pour cause), mi trovo a dover affrontare fedeli beoti che, quando costretto a frequentare tali messe, vogliono a tutti i costi “porgermi il gesto della pace”. Non vale che mi rintani nell’angolo in fondo della chiesa, non vale che assuma un atteggiamento contemplativo e persino estatico: no, partono da lontano e giungono fino a me con sorrisino idiota per dirmi: “pace a te, fratello”.
Lo confesso: al solito che voleva, a tutti i costi, “porgermi il segno della pace” una volta ho risposto con un saluto romano. Non escludo di farlo ancora. Almeno è più sano ed evito le sudaticce mani dei fedeli postconciliari. E poi, almeno per me, è più “comunitario”.
Ma, ovviamente, il discorso va collocato in un, necessariamente severo, giudizio sulla nuova liturgia. Abbiamo perso la consapevolezza che Bello e Vero sono intrinsecamente consistenti e sussistenti: la nuova rito è brutto, sciatto, superficiale di per sé. L’anarchia liturgica aggiunge caos a caos, bruttezza a bruttezza.
I canti, senili nelle voci, infantili nei contenuti, ridicoli nella musica. Il protagonismo e la puerile “creatività” di molti sacerdoti. La perversa volontà di sostituire il raccoglimento e l’adorazione con una demagogica (e dottrinalmente pericolosa) “partecipazione”. Le prediche infinite, insulse, a-dottrinali e inutili. Peraltro ripetute protagonisticamente più volte durante la messa. Casule di plastica svolazzanti e braccia pelose esibite. Chierichette femmine. Il boyscouttesco (vabbeh, stanno tornando di moda, ritorneremo a citare Bernard Show) “teniamoci la mano” durante il Padre Nostro, quasi peggio della mani aperte di derivazione pentecostale e carismatica. Il piccolo-borghese “buona domenica” del prete alla fine. Vuole che gli portiamo anche le pastarelle domenicali? Il Tabernacolo spostato (è meglio che non veda?).
Per non parlare, ed è ovviamente la parte più grave, degli errori e delle ambiguità dottrinali. Della Consacrazione, al “…per voi e per tutti”, al “…che toglie i peccati dal mondo” e altri.
La perdita del senso del Rito, della sua severa austerità, della contemplazione, è significativo della grave crisi della Chiesa.
http://www.andreapirola.it/commenti-memorabili-da-cattolico-tradizionalista/

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