mercoledì 13 luglio 2016

BURKE: “rapporti sessuali con una persona che non è il coniuge è o fornicazione o adulterio”

 
 
Nicola Bux
        
Il Sacerdote barese monsignor Nicola Bux nei suoi incontri, come nei suoi scritti, non ha peli sulla lingua. Quello che davvero non gli fa difetto è la chiarezza ed il coraggio (ed una grande conoscenza teologica, soprattutto sulla Sacra Liturgia). Ha detto testuale “non è un peccato criticare il Papa” . Per chiarezza ed intrepida fede brilla anche il Cardinale americano Raymond Leo Burke. Dopo la pubblicazione dell’esortazione post-sinodale Amoris laetitia il cardinale  Burke aveva espressamente detto che il documento, a suo parere, ha “una natura personale cioè non magisteriale”.
 
 
A questa sua affermazione sono seguite una serie di risposte, più o meno dirette. L’ultima in ordine di tempo è quella di don Vitali, teologo dell’Università Gregoriana di Roma, che all’agenzia Sir ha dichiarato: “Appare del tutto specioso l’argomento di chi, dopo aver intimato a Francesco di non toccare la dottrina, ora pretende di derubricare la sua esortazione a opinione personale. Per essere magistero autentico, non è detto che un documento debba sempre contenere dichiarazioni dottrinali e norme imperative”.
 
Ma il cardinale Burke rilancia dalle colonne del seguitissimo portale americano Lifesitenews.
“Qualcuno”, ha detto il porporato, “mi ha criticato per aver detto che il documento non è magistero; costoro hanno affermato che si tratta di una Esortazione post-sinodale e, perciò, deve essere parte del magistero; ma non è il titolo del documento che gli conferisce la qualifica di magistero. Bisogna leggere i contenuti e, se lo si fa, si vede che questo documento va letto criticamente, alla luce del Catechismo, alla luce del magistero della Chiesa. Quelle parti che sostengono e danno piena espressione al magistero della Chiesa vanno bene, ma ci possono essere altre cose che sono riflessioni del Santo Padre ma non sono magistero”.
 
Alla domanda circa il turbamento che abiterebbe nell’animo di molti fedeli, soprattutto perché l’autore del testo è il Papa, il cardinale risponde dicendo che “non siamo stati abituati a questo tipo di scrittura da parte del Santo Padre. In passato il Santo Padre parlava molto di rado, o scriveva molto raramente, e lo faceva sempre con una grande attenzione al fatto che egli è il Vicario di Cristo in terra e, quindi, che ogni espressione della Fede deve essere aderente alla verità del magistero della Fede […] Papa Francesco ha scelto di scrivere e parlare in un modo tale per cui vi è una sorta di commistione tra l’esposizione dell’insegnamento della Chiesa e l’espressione dei propri pensieri personali, e molte volte lo fa in un linguaggio molto colloquiale, nel quale a volte non è così facile capire esattamente che cosa vuole dire.
 
E quindi penso che dobbiamo renderci conto che qui abbiamo un diverso modo di scrivere del Papa, e noi possediamo tutti gli strumenti nella nostra fede per comprendere correttamente questo modo di scrivere, ma non ci è familiare. Tuttavia è semplicemente non vero sostenere che questo documento sia parte del magistero come lo erano, per esempio, la Lettera Enciclica Evangelium vitae, o Familiaris consortio – che era anch’essa una Esortazione Apostolica post-sinodale -, giacché questo documento non è scritto nello stesso modo di quelli. E’ scritto in un modo molto differente.
 
A tal proposito, inoltre, credo che la cosa importante sia che quando si legge in modo critico il documento, si sia sempre rispettosi della persona del Papa. Indulgere a mancanza di carità rispetto a qualsiasi compagno di fede, e in modo particolare verso il Romano Pontefice, è del tutto inappropriato e sbagliato”.
Interessante è anche la risposta che il cardinale Burke ha dato a proposito della questione delle circostanze attenuanti nel caso dell’accesso all’eucaristia per le coppie di divorziati risposati. “Le circostanze attenuanti”, ha detto, “si applicano a singoli atti, e rimane vero che per un atto individuale ci può essere qualche circostanza che diminuisce il grado di colpevolezza. Ma per quanto riguarda il vivere pubblicamente in stato di peccato, dato che nostro Signore provvede ad ogni persona che è sposata la grazia per vivere nella fedeltà a quel matrimonio, si può dire che, sì, possono vivere in fedeltà nel matrimonio perché hanno la grazia per farlo. Malgrado ci possa essere ogni tipo di  obbligo grave – bambini da educare e ai quali fornire una casa ecc. -, tutti questi obblighi possono essere rispettati rimanendo fedeli all’unione matrimoniale”.
 
Per questo, dice Burke, “se costoro [divorziati risposati] vivono in quello che appare essere uno stato di peccato, ma in effetti non stanno peccando – in altre parole: se costoro vivono come fratello e sorella -, allora è vero [possono accedere all’eucaristia, NdR]. Ma se costoro sono impegnati in relazioni more uxorio, ciò è oggettivamente peccaminoso e non può essere diversamente. Non può essere non peccato e peccato allo stesso tempo. Oggettivamente, avere rapporti sessuali con una persona che non è il coniuge è o fornicazione o adulterio”.
 

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