giovedì 21 luglio 2016

un omosessuale si confessa

omosessualità e castità
Courage è uno dei servizi della Chiesa cattolica rivolti
a persone con attrazione verso lo stesso sesso.
 
Intervista ad Alberto Corteggiani
Qualche mese fa il settimanale l’Espresso ha pubblicato un’inchiesta su Courage, definendola una setta fanatica che vuole “guarire” gli omosessuali. Un giudizio sommario, che ci ha spinti ad andare alla fonte. Ne parliamo con Alberto Corteggiani, referente per l’Italia. Ripercorrendo la sua storia, cerchiamo di capire che cosa e Courage.
 
Come e arrivato a Courage?
Il mio primo contatto risale a parecchi anni fa. Sono una persona che prova attrazione verso persone dello stesso sesso (Ass) e a quel tempo vivevo un profondo ripiegamento su me stesso, frustrato per l’incapacità di amare ed essere amato come avrei voluto. Desideravo costituire una coppia dello stesso sesso. Pensavo non ci potesse essere felicità al di fuori di una relazione esclusiva, di possesso e fusione, che doveva includere non solo l’aspetto emotivo, ma anche quello genitale.
Una relazione simile a quella tra uomo e donna. Pensavo che le mie emozioni fossero la cosa più importante, confondevo desideri e bisogni. Soprattutto capivo di aver bisogno di aiuto. Credevo in Dio, ma non ne vedevo l’azione nella mia vita. A quel tempo facevo avanti e indietro col confessionale come fosse una lavanderia a gettoni. Finché un sacerdote mi pose un aut aut: o cambi stile di vita, o non posso darti l’assoluzione. Fu la molla decisiva: cercai aiuto, senza trovarlo in Italia. Allora scrissi a Courage, negli Usa, dopo averne letto in un libro. Mi sembrava una proposta coerente con l’insegnamento della Chiesa. Mi contattò un sacerdote a Roma. Con lui cominciai un percorso che mi ha portato a una nuova comprensione e accettazione di me stesso. Ho riscoperto la dimensione dell’amicizia e del dono di sé attraverso il servizio.
Un periodo di volontariato con persone portatrici di handicap fisico e mentale mi e stato utile per comprendere la dignità della persona umana. Adesso cerco di vivere in castità con l’aiuto della grazia di Dio.
Vive da solo?
Si, e non cerco relazioni di tipo romantico o sessuale. Vivo da solo, ma non sono solo. L’essere umano si realizza nell’amore e quindi nella relazione. Ma le relazioni vive, autentiche e nutrienti sono fondate sulla liberta che nasce dal rispetto dell’alterità. L’attrazione sessuale e un elemento importante, ma non definisce chi e la persona. La prima forma di solitudine che le persone sentono, specialmente quelle con Ass, e legata a un difetto nel loro rapporto con Dio, con sé stessi e con gli altri. Il difetto consiste nel non accettare la propria realtà, con la fragilità e i limiti che comporta.
Le persone con Ass devono accettare, come tutti, i propri limiti?
Tutti siamo chiamati ad accettare la nostra realtà per quella che e. Accettare i propri limiti e la propria fragilità significa rispondere al dono che Dio ci ha fatto, anche nella sessualità.
Naturalmente è un’accettazione critica. Se ho una tendenza sessuale incoerente con la mia costituzione biologica, non rivendicherò questa tendenza come qualcosa di positivo, ma non farò neanche finta che non esista. E una prova davanti a cui il Signore mi pone; mi chiede una risposta coerente con il suo progetto su di me. Il rapporto di vero amore tra due persone con Ass e l’amicizia.
cittànuova n.7 | Luglio 2016

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